Ma Roald Dahl è meglio di Shakespeare?

Chi in questi giorni tuona, strepita e frigna - inclusi vari scrittori blasonati - perché la casa editrice Puffin ha cambiato qualche parola nelle storie di Roald Dahl (col benestare degli eredi) forse dimentica come si svolge la vita delle parole: esattamente come quella degli esseri umani, che nascono, evolvono e muoiono. Alcune durano anni, altre spariscono in una stagione, altre ancora si trasformano per adattarsi all’ambiente. Impossibile donare loro la vita eterna, se non nell’imprevedibile volontà del Tempo. Oppure nella fantasia smisurata di un artista un po’ (tanto) vanitoso, che scapriccia come un bimbo infelice.
Mentre dovrebbe ricordare che chiunque svolga “professionalmente” un’attività creativa è un grande privilegiato, che deve essere disposto a modificare la sua opera, senza morbosi attaccamenti a ogni singolo dettaglio. Specie in romanzi di centinaia di pagine. Perché sa che se lo fa con lo spirito giusto, cioè realmente creativo, migliora ogni volta il suo lavoro. Immaginiamo Ernest Hemingway attaccato come una cozza alla prima stesura delle sue parole, anziché impegnato a riscriverle e riscriverle ancora. Non avrebbe rivoluzionato la letteratura. Oppure Raymond Carver che strappa di mano le pagine al suo editor Gordon Lish, mentre massacra letteralmente i suoi racconti, trasformandoli in capolavori. E rendendo lui un Maestro. A proposito, perché in una casa editrice come Puffin dovrebbero essere tutti incapaci di adattare bene un libro ai tempi correnti?
E infine l’immortale bardo, William Shakespeare: se fossimo ancora avvinghiati come pitoni alla stesura originale cinquecentesca delle sue tragedie, nessuno andrebbe a vederle. Invece, nei secoli, ne abbiamo create mille versioni, riscritture, adattamenti, che hanno funzionato. Perché è stata trasformata la superficie di ogni singola parola, restando fedeli alla profondità della storia e del suo grande spirito poetico. Infatti, a nessuno è venuta l’orticaria. Dunque, per chi urla, strepita e frigna, Roald Dahl vale più di William Shakespeare? Non credo o almeno lo spero!
Allora, per cortesia, apriamoci al nuovo, all’avventura, alla sorpresa. Senza immaturi attaccamenti collosi. E senza dimenticare che da sempre, ogni traduzione - come rivela l’etimologia della parola - tradisce il testo: per rendere la potenza dell’autore, il traduttore deve trasformare il linguaggio originale e metterci del suo. Per questo, Paulo Coelho pretende dalle case editrici un compenso alto per chi traduce le sue opere. È un modo di valorizzare la mutazione del suo “sangue d’inchiostro”. Quindi, per cortesia, gli scrittori con l’orticaria si mettano il cuore in pace: persino le loro ossa dopo qualche tempo non saranno più le stesse. Figuriamoci le parole. Grazie.