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“Autenticità, coraggio, capacità di sondare l'animo umano, levità... un capolavoro" Teresa Laterza


Tra i tanti meriti che è giusto riconoscere allo scrittore Fulvio Fiori per l’opera “Dove ho sbagliato? Diario di un padre separato” (Calibano Editore) vi sono sicuramente l’autenticità e il coraggio. Sì, perché non è facile andare a briglie sciolte e narrare di tutti quei dubbi, quelle insicurezze e fragilità che possono albergare nell’animo di chi vede naufragare il proprio matrimonio e disgregare l’unione familiare amorevolmente raggiunta con quel tocco di sapiente ironia che fa la differenza. E Fulvio Fiori lo fa con una naturalezza disarmante attraverso il racconto di Angelo, il protagonista della sua storia, che compie un viaggio – non solo fisico – visitando città magnifiche quali Vienna, Berlino, Amsterdam, ma anche interiore – alla ricerca di se stesso – e personale ripercorrendo le tappe più significative del rapporto con Alice, sua moglie, dal momento dell’incontro alla separazione, e con i suoi figli.

Un lavoro di analisi, di introspezione, di scavo profondo, di riflessioni a volte ossessive accompagnano il protagonista che non rassegnandosi alla conclusione della sua relazione si tormenta alla ricerca di risposte che non arriveranno, almeno nella forma che vorrebbe. Perché lui desidera dare una collocazione a tutto, un ordine e un senso che nelle relazioni sentimentali sfuggono, poiché l’amore non si può spiegare, accade… Così come accade che a un certo punto un rapporto possa smettere di essere tale. Un romanzo che parla della paternità negata, di una storia finita e del bisogno di trovare delle risposte a tale epilogo, diciamo la verità, sarebbe potuto risultare un bel po’ impegnativo da leggere se non fosse stato per la peculiare abilità con cui l’autore ha saputo introdurre elementi distintivi del suo modo di scrivere, quali la profondità d’analisi – che presuppone la capacità di leggere nelle pieghe dell’animo umano – colorati frangenti immaginativi come rimedio alla sofferenza, e l’ironia, giocando d’astuzia e incuriosendo il lettore che rimane incollato al romanzo fino all’ultima sequenza. Notevole la capacità di descrivere situazioni, volutamente esagerate nella loro ricostruzione, come quella in cui la moglie del protagonista si pavoneggia, “flirtando” con il fotografo e mettendo Angelo in imbarazzo davanti a colleghi e amici… o quelle in cui le reazioni psicosomatiche del protagonista, nonostante la “drammaticità” della situazione fanno molto divertire.

Una scrittura scorrevole, calma, accurata rende piacevole e spedita la lettura. Fulvio Fiori sembra fatto apposta per assemblare le parole, le quali divengono odori, suoni, immagini, emozioni che staccandosi dal foglio si materializzano davanti agli occhi del lettore. Angelo potrebbe sembrare un uomo dalla personalità tendente al controllo, eccessivamente logico e razionale, ma in realtà è solo un’anima in pena, ferito nei sentimenti e nell’orgoglio, così come nel suo ruolo di padre. Per controbilanciare la sua parte razionale e la necessità di dover trovare una spiegazione a tutto ciò che accade ad Angelo e ai sensi di colpa che lo tormentano, l’autore ha ben pensato di inserire nel romanzo un personaggio chiave, la sciamana Marta, che aiuta il protagonista a ritrovare se stesso, a rilassarsi e a prendere la vita con levità e filosofia di fronte alle angherie, ai tiri mancini e ai capricci di Alice – donna, forse scaltra, apparentemente immatura e volubile – che invece di tutelare il rapporto con i loro figli mette questi ultimi contro di lui.

La narrazione degli eventi si alterna con digressioni ben congegnate e con salti temporali così armoniosi che il lettore non avverte alcuna discontinuità o difficoltà nel seguire il racconto, che percepisce come un tutto fluido e organico. Fulvio Fiori ha uno stile poliedrico, in quanto la narrazione delle azioni, la descrizione dei personaggi e delle situazioni, degli stati d’animo del protagonista, la struttura dei dialoghi, così come le riflessioni sono magistralmente armonizzate. Il lettore entra subito in sintonia con il protagonista soffrendo delle sue angosce e partecipando alle sue inquietudini. L’autore riesce a produrre un tale coinvolgimento emotivo che il lettore, dimenticata la sua realtà, si sente trasportato al centro delle scene. Empaticamente ci si può rivedere nelle insicurezze, nei tentennamenti, nelle pensieri e nei diversi stati d’animo di Angelo che fino all’ultimo spera in un ricongiungimento con la sua famiglia. Il romanzo di Fiori infine si spoglia di tutte quelle domande inutili di chi, sperimentando la sofferenza della conclusione di una storia, rischierebbe di impazzire.

L’autore lascia diversi e importanti spunti di riflessione che possono essere d’aiuto a chi come Angelo attraversa un periodo delicato della propria vita in cui ogni certezza sembra sgretolarsi. Il messaggiopiù significativo che si coglietra le righe è che comunque la vita scorre e che bisogna lasciarla fluire senza l’ossessione di domande spesso inutili sui e sui ma di ciò che sarebbe potuto essere, poiché rimanendo ancorati al passato ci si preclude la possibilità di vivere il presente, di accorgersi delle nuove occasioni, di essere nel qui e ora che ha in sé tutto il senso e il mistero dell’esistere.

Riuscirà Angelo a tirarsi fuori dall’impasse dei suoi sensi di colpa e a superare le sue paure recuperando l’amore per se stesso? Lo scoprirete leggendo DOVE HO SBAGLIATO, diario di un padre separato, uno dei capolavori letterari di Fulvio Fiori.

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